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Il coraggio di essere liberi


INTERVISTA AD UN GIOVANE IMPRENDITORE DELLA PROVINCIA

La libertà è percepita generalmente come assenza di schiavitù e per questo viene intesa anzitutto come autonomia e indipendenza. In questa prospettiva una delle sue definizioni più appropriate è quella che la identifica con la fedeltà al proprio sé, Libertà: fedeltà a sé stessi. Ma autonomia di scelta conduce veramente alla libertà?

Trasformazione: si diventa veramente liberi quando ci si libera dai fantasmi della mente; quando si mette a tacere l‘ ego con le sue pretese e le sue paure e si apre la mente all'aria pulita della realtà; quando si depone il desiderio di autoaffermazione e ci si accinge a servire il mistero dentro qui siamo capitati nascendo. Si tratta di cambiare. Il compito consiste in un'azione, un cambiamento, una trasformazione.

La vita è un immenso oceano che ci contiene e ci scuote con il continuo movimento delle sue onde sempre inafferrabile impossibile da fissare

Vito Mancuso, Il coraggio di essere liberi, Garzanti Editore, 2016 (pag. 77,93)

Caro Amerigo, raccontami la vostra storia: chi siete, quando e perché avete deciso di intraprendere la libera professione, come mai non vi siete detti torniamo a fare i dipendenti e invece avete deciso di affrontare l’autoimprenditorialità.

Abbiamo deciso di fare gli imprenditori in prima persona dopo aver vissuto una carriera da dipendenti,sempre nel settore dell’informatica, per più di 10 anni, dal 2001. Nel momento in cui le condizioni di dipendente nella società vecchia, in cui in verità all'inizio non ci trovavamo male, sono venute a cadere, ci siamo trovati a dover scegliere se andare a bussare ad altre porte con un Cv in mano o provare a buttarci noi. Abbiamo deciso di provarci: non è stato un salto nel vuoto perché con 10 anni di esperienza non era del tutto una scommessa ma un rischio calcolato, seppur comunque un rischio, dato che prima avevamo le spalle coperte da una società grande che pagava lo stipendio e ora investiamo noi in prima persona.

Per cui alla fine del 2012 abbiamo deciso di fondare una nostra società, Evicom srl, e oggi possiamo dire che lavoriamo in questo negozio da più di 15 anni, prima con un’insegna altrui, ma ora da più di sei anni con un’insegna personale e finora il bilancio è positivo, siamo ancora qui con un mercato non tanto facile come quello dell’informatica dove molti hanno aperto e tanti hanno chiuso.

Cosa ti piace del tuo lavoro?

Sicuramente è un lavoro non statico perché per natura questo tipo di settore non è monolitico, cambia tutti i giorni e questo non fa dormire troppo sugli allori. Però chi ha un bagaglio di conoscenza maturato negli anni, chi è nel settore informatico da 20 anni, da 10 anni, ha qualcosa in più di chi magari ci è arrivato l’altro ieri. Questo ci permette di affrontare quello che c’è di nuovo con un approccio un po' diverso, con uno spirito un po' più compassato, capace di gestire le novità con tranquillità e senza timore.

Che cosa invece è importante secondo te nel tuo lavoro?

Deve piacere un lavoro, se il lavoro non piace si fa fatica a farlo. Un lavoro può essere il più remunerativo del mondo ma se poi non ti piace è un peso farlo, e quindi anche la remunerazione economica ha importanza fino a un certo punto. Qua siamo in 3 soci e in maniera diversa a tutti questo tipo di lavoro piace, altrimenti avremmo già cambiato da anni.

Quali risorse personali (punti di forza e qualità) hai messo in campo per riuscire a fare l’imprenditore?

Ci sono realtà in cui il fatto di essere un gruppo può essere un problema, perché avere dei soci non è sempre semplice. Il fatto di avere invece ognuno di noi le sue peculiarità crea mix vincente: non siamo uguali, nessuno di noi ha le identiche competenze, così ci si compensa e questo porta a buoni risultati.

Se un lavoro piace quali pensieri, comportamenti ed emozioni si hanno?

Quando un lavoro piace le fatiche psicologiche e fisiche si affrontano in maniera diversa. Quando si arriva a fine giornata, dopo magari 10 ore, 12 ore di lavoro (da imprenditore capita perché non si sta a guardare l’orologio, non si timbra più un cartellino come una volta), si vive la fatica in maniera diversa, perché se il lavoro piace pesa meno e pensare al giorno dopo non ti fa paura, non ti dà ansia. Se invece il lavoro è vissuto come uno stress o se non piace anche una sola ora può essere distruttiva.

Cosa significa per te cambiamento?

Cambiamento, se lo guardiamo nel nostro ambito lavorativo, è passare da una situazione un po' protetta, un po' ovattata, ad una situazione dove tutte le responsabilità e le decisioni le devi prendere in prima persona e le conseguenze sono in prima persona su di noi. Non c’è qualcuno che magari ci può fare la tirata di orecchi ma poi ne risponde; per noi cambiamento è stato cambiare un po' la prospettiva ma in questo devo dire che la storia del nostro lavoro ci ha aiutato dato che, anche quando eravamo dipendenti, lavoravamo sempre non con l’idea di avere lo stipendio fisso e “quello che deve succedere succede” ma con il puntiglio di dover, voler, gestire un’attività non nostra quasi come se fosse nostra.

Avere una forma mentale già un po’ orientata all' imprenditoria può aiutare se nella vita ti trovi, per vari motivi, per scelta o necessità, a diventarlo.

Cosa porti a casa da questa nuova attività? Che cosa hai imparato? Quale talento hai riscoperto? Che cosa lasci del vecchio lavoro?

Quando ero dipendente avevo qualche garanzia in più e pagavo qualche tassa in meno. Qualche tranquillità economica in più c’era, obiettivamente. Però il poter gestire dalla A alla Z il mio lavoro, non aver più quei legacci che una grande società ti obbliga a seguire, mi rende libero di poter intraprendere, se lo ritengo opportuno, vie nuove che ieri ci erano precluse per principio o per motivi che non erano chiari. Oggi non c’è un qualcosa che potenzialmente non possiamo perseguire, c’è solo la nostra volontà di impegnarci, di investire, di decidere di farlo o meno.

Il talento? C’è qualche cosa, abilità, qualità che hai riscoperto in questa fase di cambiamento che non ti aspettavi di avere?

Siamo in 3 e ognuno deve acuire o riscoprire un talento diverso rispetto all’ altro. Io posso parlare per me. Io mi sono sempre occupato di più della parte commerciale, mi ha sempre più intrigato il rapporto con le persone perché ha anche dei risvolti sociali e psicologici. Magari prima mi dovevo interfacciare solo con l’utente finale, con il cliente, oggi mi trovo a dovermi interfacciare anche con i fornitori, anche con le aziende: è uno step più alto rispetto a quello dell’utente finale, mi intriga, mi piace. Colleghi che magari sono più tecnici sono necessariamente più portati a non far più solamente i tecnici ma acuire questa parte relativa ai rapporti e di contro anche io mi devo magari contaminare tecnicamente rispetto ad una volta. Ci si completa un po', per ottenere un risultato migliore per tutti come squadra.

I vostri 3 punti di forza

L’attenzione al cliente, qualcosa che uno mette in pratica quotidianamente e che faticosamente negli anni con il passaparola viene fatto percepire e non si trasmette con una pubblicità, un sito internet. Il passaparola, il fatto di seminare faticosamente negli anni anche quando non esisteva questo mondo di recensioni, ti porta non a diventare ricco subito ma a raccogliere i frutti a distanza di anni. La concorrenza con player anche multinazionali è spietata; quello che fa la differenza nel nostro settore è il servizio. Quindi quello che siamo, quello che diamo, come ci rapportiamo rispetto al freddo schermo all’ acquisto on line. E poi le persone, le persone fanno la differenza. Il nostro mix è il nostro punto di forza, un’integrazione tra le persone, un mix di squadra fondato sull’ attenzione a chi abbiamo di fronte, perché se chi hai di fronte percepisce che è un numero che dobbiamo solamente “liquidare” in fretta non tornerà da noi, non ci consiglierà.

Cose che sembrano scontate ma che da quello che ci raccontano i clienti non lo sono. Creare la relazione, essere empatico con la persona che hai di fronte, accogliere i suoi bisogni, ascoltarli. Certe volte ci sentiamo come dei piccoli investigatori perché sembra che facciamo un terzo grado ai clienti, non


per violare i loro segreti, la loro privacy, ma perché ci serve per aiutarli. Sicuramente è faticoso, alcune realtà considerano un costo non sostenibile impiegare tempo davanti ai clienti ma anche qui torniamo al discorso se il lavoro piace o non piace: se piace questo modo di procedere non è faticoso ma diventa parte del tuo modo di lavorare.

Tu vendi tante cose, vendi tanti oggetti, quale tra questi oggetti potrebbe rappresentarti?

Nessuno, quello che ci rappresenta è il servizio, quindi siamo come ci poniamo. Noi alla fine non vendiamo un prodotto, noi proponiamo e dobbiamo cogliere la fiducia dei clienti e quindi per prima cosa, è brutto dirlo, ma noi dobbiamo “vendere noi stessi”, essere in grado di catturare da chi ci è davanti la fiducia di darci qualcosa e che il corrispettivo di quello che gli stiamo fornendo è giustificato. Se noi gli vendessimo solamente un oggetto saremmo né più né meno un magazzino; invece forniamo un servizio e diamo una consulenza. Se volevamo vendere un prodotto installavamo un sito web a costo zero, abbattendo i costi il più possibile per vendere come fanno tanti sui vari store web. Ma non siamo questo, noi forniamo un servizio e questo è quello che fa la differenza.

Se tu dovessi presentarti attraverso un oggetto, quale si avvicinerebbe di più alle tue caratteristiche e a quello che metti tu nel rapporto con il cliente?

Non è un oggetto informatico; io sono uno sportivo, ognuno deve avere oltre la parte lavorativa anche una parte extra lavorativa dove sfogarsi. Io sono amante del mare, quindi tutto ciò che riguarda il mare, il nuoto mi rappresenta, ma perché la mia mente si concentra nel lavoro ma deve anche liberarsi un po' dal lavoro e pensare ad altro.

Sul lavoro per me il bene nostro principale sia noi, come soggetti che danno consulenza. Sinceramente non mi identificano un portatile o un telefono: nel lavoro mi esprimo come sono io.

Nel mondo del nuoto quale potrebbe essere la cosa che ti rappresenta?

A me piace come entità il mare, quello è il mio must, ma ognuno mentalmente ha il suo, ha la sua identificazione e i suoi ideali, ma un conto è l’ideale, l’evasione, un conto è il lavoro: sono due cose diverse. La consulenza e la competenza sono dei beni che valgono più di tutto quello che c’è dentro qua, quindi non è un oggetto che può rappresentarmi, un oggetto è uno strumento, è un po' svilente identificarsi con un oggetto, preferisco la competenza, cioè che posso essere migliore o peggiore di altri.

Quindi possiamo dire che il vostro punto di forza è la fiducia che create con il cliente, l’attenzione verso di lui?

È la nostra ambizione. I clienti, o almeno una buona percentuale, lo percepiscono e noi riusciamo a farlo percepire, qualche volta in maniera fin troppo logorroica, ma questo è il nostro mestiere ed è quello che abbiamo deciso di fare da tanti anni. Squadra che vince non si cambia quindi direi che continuiamo così per adesso.

Ringrazio Evicom Srl per il prezioso contributo.

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